DAI DIRITTI UMANI AL DIRITTO ALL'EUTANASIA: una riflessione teorica di Silvia Santilli
Silvia Santilli dopo la maturità linguistica passa un anno di studio-lavoro a Londra. Laureata all'Università di Udine, si qualifica con 110 e lode come Professionista in Relazioni Pubbliche presentando la tesi intitolata I Diritti umani nella società contemporanea. Dopo un Master di II Livello alla Sapienza di Roma in Tutela Internazionale dei Diritti Umani con la Tesi "L'Eutanasia oggi". Attualmente lavora alla Pro Loco di Offagna.
"Dai Diritti Umani al Diritto all'Eutanasia: una riflessione teorica" (Edizioni kimerik) è un libro che si interroga su tematiche scottanti come la vita o la morte, un libro che Silvia Santilli ha scritto perché motivata da esperienze personali che hanno, in qualche modo cambiato il suo approccio alla vita. L'autrice infatti ha deciso di confrontarsi con uno dei temi più complessi che l'uomo abbia mai tentato di affrontare, tematiche spesso difficili da discutere e soprattutto molto delicate in questa attuale società.
Viviamo infatti in una società che ci ha reso schiavi del costume, della moda e dell'uso, in cui pensare controcorrente appare insolito e, certamente, non accettabile.
Un argomento al quanto insidioso in quanto nasconde il rischio di sfociare in implicazioni legate ad aspetti specifici, quali la giurisdizione, ma anche aspetti ben più complessi, come la religione, la morale e il "ben pensare".
Adottando la denominazione di "diritti umani", l'autrice analizza il concetto di diritti fondamentali e di universalismo, lasciando trapelare il suo punto di vista personale circa l'idea di un cosmopolitismo giuridico, ragionando in una dimensione internazionale. Questo saggio in pratica esplora le possibili conseguenze e implicazione che il diritto di eutanasia comporta.
Per diritto in senso oggettivo s'intende l'insieme delle norme con le quali si organizza la vita all'interno della comunità politica; quelle regole, cioè, che ogni membro della comunità deve osservare obbligatoriamente. Per diritto in senso soggettivo s'intende, invece, il riconoscimento ad un singolo soggetto della legittimità di un suo interesse, di un suo bisogno. I diritti umani possono, quindi, essere considerati diritti soggettivi riconosciuti (o che dovrebbero essere riconosciuti) ad ogni singola persona. Tale riconoscimento avviene, ai giorni nostri, da parte di autorità costituite, quali Nazioni Unite, il Consiglio Europeo e organismi internazionali simili, nonché da parte dei singoli Stati che, in teoria, dovrebbero adeguare la propria normativa a quella internazionale emanata dagli organismi di cui fanno parte.
In generale, nel mondo i diritti umani sono costantemente violati, diritti di cui troppa parte dell'umanità ha, al massimo, soltanto sentito parlare e, raramente, o mai usufruito. Quello che giudico positivo nell'epoca attuale e ciò che considero il vero progresso è l'incessante dibattito sui diritti umani, le azioni volte alla loro tutela e alla loro estensione a tutti gli esseri umani.
La cattiveria della natura umana può essere tenuta sotto controllo e impedita, anche se con molti sforzi, soprattutto attraverso il diritto. Il diritto serve a mettere sullo stesso piano ogni individuo e, in particolare, i diritti umani riconoscono a tutti alcuni diritti fondamentali, inalienabili dagli altri e ascritti a tutti in quanto persone, in quanto "semplicemente" esseri umani.
Kant scrive: " Tutti gli uomini che possono reciprocamente agire gli uni sugli altri devono entrare a far parte di una qualche costituzione civile che regoli pacificamente le loro relazioni e transizioni nella durata".
Per Veca il rispetto è "il passo essenziale: il primo passo." Le pratiche di rispetto presuppongono che noi adottiamo un punto di vista umano su vite umane, guardandole e riconoscendole al di là delle differenze, delle etiche, dei ruoli, dei tipi che variamente le classificano con punteggio socialmente positivo o negativo, per noi. La tolleranza è la virtù degli incontri, non l'educata e prudente manovra del "laissez faire" morale. Quest'ultima è una forma di indulgente o rassegnata indifferenza.
L'uomo è un "animale sociale" ma se non rispetta gli altri non può essere completamente uomo e, seppur lo fosse, è libero di scegliere di vivere da eremita, ma chi vuole vivere in contatto (anche minimo) con gli altri deve rispettarli.
La dignità umana è un concetto così ampio da sembrare troppo vago, ma il fine ultimo del genere umano dovrebbe essere il rispetto e la tutela di questa dignità, della dignità di ogni persona perché solo così la vita dell'uomo può veramente migliorare.
Senza tutto ciò, non ci può essere dialogo, comprensione, giustizia, perdono, amore ecc. in una parole: VITA!
C'è tempo per passare a miglior vita, intanto cerchiamo di alleviare le sofferenza di questa e di dare assistenza a chi ne ha bisogno; sono sicura che un operatore sanitario in più che stesse umanamente vicino al paziente potrebbe far cambiare "sogni di morte" in speranze di vita. La morte (prima o poi ) verrà per tutti... mi auguro solo che sempre più persone riescano a vivere la vita fino in fondo senza "mai desiderare" la morte. Anna A.
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