IL GRANDE RACCONTO DELLE RELIGIONI di Giovanni Filoramo
Giovanni Filoramo è professore emerito di Storia del cristianesimo dell’Università di Torino. Fra i suoi libri ricordiamo "Il sacro e il potere. Il caso cristiano" (Einaudi, 2009), "La croce e il potere. I cristiani da martiri a persecutori" (Laterza, 2011) e, per il Mulino, "Ipotesi Dio. Il divino come idea necessaria" (2016).
"Il grande racconto delle Religioni" Edizioni Il Mulino è un viaggio alla scoperta delle grandi religioni, da quelle del passato a quelle che ancora oggi vengono praticate.
La visione religiosa del mondo garantisce ai credenti un punto di vista unitario sulla realtà, una bussola per orientarsi tra il bene e il male. Mentre alcune visioni hanno al loro centro il problema del rapporto con una natura selvaggia e minacciosa, altre insegnano all'uomo a vivere in armonia con il cosmo che lo circonda, lo ha creato e lo nutre. In altre ancora, ordinatrice del cosmo è una figura di sovrano divinamente ispirato. Il divino non si manifesta solo nella natura, non ha tratti antropomorfi, ma trascende radicalmente l'uomo. Con il Cristianesimo la concezione del Dio incarnato opera una svolta antropologica destinata a segnare la storia del pensiero occidentale.
E' di tutto questo che parla il libro: dell'eterno, inesausto bisogno umano di realizzare la pienezza dell'essere attraverso il sacro.
"La curiosità, diceva un antico filosofo, è il motore della ricerca. La filosofia, certo, mi appassionava. Ma sentivo che le religioni possedevano un fascino, un richiamo diverso, per me più irresistibile". G. Filoramo
Le religioni sono visioni del mondo. L'espressione rimanda al modo in cui, in un determinato campo del sapere, differenti rappresentazioni, investimenti, ipotesi, condotte, trovano un loro ordine e una loro coerenza a partire da un centro di irraggiamento, fornendo la chiave di accesso a un insieme di conoscenze che, altrimenti, ci apparirebbero affastellate e confuse.
L'uomo non è un essere acosmico, non può vivere fuori dal mondo: è un essere integrato, coinvolto in una rete di relazioni; nel contempo, però, egli può essere liberato. Egli è impegnato ma non preoccupato, distaccato ma non avulso, coinvolto ma non intrappolato. Da qui deriva la sua "santa indifferenza", la sua serenità, la sua pace, che consiste non nel rifugiarsi in una torre d'avorio o in un inaccessibile nido d'aquila, ma nel trovarsi al centro della realtà: colui che ha l'animo distaccato nei confronti di ogni cosa, ed è libero dalla brama, consegue, per mezzo della rinuncia, la suprema perfezione, che consiste nella libertà dei legami dell'agire.
La mente soltanto è la causa della schiavitù o della liberazione dell'uomo. Essa conduce alla schiavitù o alla liberazione quando è attaccata agli oggetti di senso, e alla liberazione quando è liberata da essi. Quando un uomo, dopo aver reso la mente perfettamente stabile, libero dall'attaccamento e dalla confusione, entra nello stato "senza mente", allora egli raggiunge la dimora suprema. La mente deve essere controllata solo finché non sia annichilita nel cuore: questa in verità è la conoscenza, questa è la liberazione ; il resto è null'altro che superflua pedanteria.
Una coscienza illuminata e purificata, non può essere fonte di un atto moralmente errato, anche se a volte, osservato dall'esterno, quell'atto può sembrare tale.
Purificazione è dunque, adoperarsi in tutti i modi ad abituare la propria anima a raccogliersi e racchiudersi in sé stessa con proiezione con il mondo esterno. In sintesi unificare la propria vita in perfetta sintonia con la vita degli altri significa vivere una vita ricca di amore "assoluto" e indiscutibile che dà valore alla vita di ogni individuo. Agire in perfetta coscienza implica aver raggiunto una perfetta consapevolezza: "Quando un uomo conosce Dio tutte le catene sono sciolte". A. Anna
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